Il Tempo passa ...


30 ottobre 2007

Report dal FdS: Cosa c’entra l’anima con gli atomi?



Badge 180x60

Sabato 27 ottobre - Aula Polivalente San Salvatore - Piazza Sarzano ore 15.30

Prendiamo posto sulle sedie più in alto in questa bellissima sala.

Il Prof. Mauro Dorato ordinario di Filosofia della Scienza presso l'Università degli studi Roma Tre, inizia la conferenza sul pensiero scientifico.

Come si possono conciliare il metodo della scienza e le sue scoperte (gli atomi) con il mondo che il senso comune lega più al sentire, a conoscenze intime e intuitive come quello dell'anima?

Si parte da un'analisi del problema della conoscenza in funzione della realtà. Di come la cattiveria e il male, presenti nel mondo, necessitino di una spiegazione a *tutti i costi*, nell'umano sentire.
Perché se si ha una spiegazione, si ha anche un modo per tranquillizzare l'ansia e giustificare dolore e tragedia.
In questo ambito si possono porre due domande: di chi è colpa? Quale è la causa?
Troppo spesso si cerca la colpa e non la causa. Come ad esempio per la peste.
Oggi sappiamo che essa è provocata dal bacillo Yersinia pestis, la vera causa.
Ma all'epoca, non disponendo di questa conoscenza, vi furono altri meccanismi di spiegazione basati sulla ricerca della colpa.
Meccanismi sostanzialmente irrazionali e non direttamente collegati con la reale causa.
Ma che hanno svolto la funzione di dare una risposta.

Da qui la riflessione si sposta su quello che si può considerare il campo dell'ipotesi e quello dell'osservazione.
A quale credere? Vi è il rischio dell'auto inganno.
Infatti una certa ipotesi anche se non suffragata da osservazioni dirette, può anche essere ritenuta valida a priori.
Questa è la teoria della tenacia, basata sul dogma e anche sull'auto inganno.
Funziona perché salva le nostre credenze e fornisce una risposta in qualche modo *certa*.
Ma la scienza ha un approccio differente e l'approccio del pensiero scientifico induce la teoria della tenacia a più miti consigli.
E' logico che si debba credere in qualcosa che si ha già avuto modo di dimostrare.
E' meno logico afferrare e fossilizzare le stesse idee, rendendole dogmi che non possono essere superati.

Oltre al dogma alla base della teoria della tenacia, vi è l'auto inganno. Che è un errore del pensatore che *desidera* avere una risposta. E che *desidera* che la risposta sia quella che lui stesso ritiene la più corretta. Naturalmente in maniera indipendente dal fatto che tale risposta sia realmente quella giusta.

In questo modo avremo un certo tipo di pensiero (tenace) che baserà il suo fondamento sulla ritualità e la ripetitività, contro l'apertura richiesta dal pensiero scientifico.
La scienza può portare ad osservazioni *falsificanti*, di fronte all'atteggiamento basato su verità assolute del pensiero tenace.
Osservazioni che tolgono la *terra da sotto i piedi* a chi vi si è legato.

Le fondamenta del pensiero tenace si ritrovano ovunque, nell'ambito umano, come per l'autorità divina, all'interno delle regole del sistema sociale, e, spesso, sono sostanziate dalla debolezza interiore.
Le fondamenta del pensiero scientifico sono extra umane. Vanno al di la di quanto consideriamo giusto a priori, e sono vincolate solo alle regolarità naturali, che osserviamo e sulle quali possiamo fare delle ipotesi cercando conferme ripetibili dei punti raggiunti.

Il pensiero tenace si fonda su una visione autoritaristica. Non si creano in tale visione dissidi, fino a quando non vi sono differenze interpretative dei dogmi stessi, su cui tale autorità pone le sue basi di referenzialità.
Il pensiero scientifico, invece, si basa sulla correzione continua delle sue stesse fondamenta. Il che può essere un problema nei termini della richiesta di certezza, in quanto la verità è frutto di una costruzione intergenerazionale, nella quale non si arriva *in fondo*.

Il pensiero tenace è razionale solo in mancanza di una qualche evidenza. Se qualcuno si perde nel deserto e non ha nessuna evidenza su quale direzione sia da prendere, allora, e solo in quel caso, una direzione qualsiasi potrà essere percorsa, senza cambiare mai strada, con l'obbiettivo di arrivare da qualche parte. Chi avendo una bussola e sapendo che a ovest vi è un'oasi procederebbe risoluto verso est?

Per spiegare al meglio questi concetti il Prof. Dorato ricorre al paradigma della dimostrazione dell'efficacia dell'Omeopatia.

L'omeopatia, in breve, si basa sul principio "Similia cum similibus curentur" che significa che ciò che provoca un certo sintomo, applicato a diluizioni molto alte come farmaco, può curare malati che presentano sintomi analoghi.

Questo è un esempio di un metodo di pensiero ipotetico deduttivo. E ha i suoi pericoli.

Primo: il terapeuta omeopata rifiuta l'approccio scientifico in quanto l'approccio omeopatico funziona al contrario di quello allopatico. Se ne deduce che non si possa studiare con gli stessi metodi.
Secondo: l'evidenza dell'efficacia sta nella risoluzione del problema, ovvero la cura del paziente.

In questo modo il metodo ipotetico deduttivo introduce un errore.
Parte da un presupposto (dogma, tenacia) e lo sostanzia in maniera auto referente attraverso il raggiungimento dell'obbiettivo, la cura del paziente.
Non vi è nessuna dimostrazione dell'ipotesi iniziale. Nessun raggiungimento di un ipotesi finale.

Prendiamo il caso di un allergia. E valutiamo la causa della cura applicando il pensiero scientifico.

  • Il paziente potrebbe guarire assumendo il farmaco omeopatico (sostanzialmente acqua).
  • Il paziente potrebbe guarire da solo in un certo periodo di tempo.
  • Il paziente potrebbe guarire, dopo avere applicato una variazione alla propria dieta.
  • Il paziente potrebbe guarire per effetto placebo.

Il pensiero scientifico impone di attuare un metodo eliminativo.

Dal campione si tolgono tutti coloro che non guariscono assumendo il farmaco, per ovvi motivi.

Dei rimanenti:

  • si attende abbastanza tempo per vedere se i pazienti nel campione guariscono spontaneamente;
  • si attuano variazioni della dieta;
  • si somministra un farmaco placebo.

Si è visto che l'effetto placebo in questi casi è molto importante. Si verifica l'efficacia di una terapia realmente solo se sia chi assume il farmaco, sia chi lo somministra, non *conoscono* il reale contenuto di quanto assunto/somministrato.
Questo serve sia a provare la reale efficacia di un principio attivo contro gruppo di controllo che non assume nulla, sia a correggere la parte *tenace* che potrebbe fare si che un certo ricercatore non interpreti correttamente i dati a sua disposizione.

Solo applicando un metodo eliminativo, seguendo i dettami del pensiero scientifico saremo in grado di comprendere la reale efficacia di una cura omeopatica, in questo esempio.

Generalizzando, solo ponendo in discussione i dubbi, e utilizzando un metodo di analisi dei problemi indipendente da noi, potremmo avere la possibilità di raggiungere la dimostrazione di una certa ipotesi, che porterà alla formulazione di una teoria valida e riproducibile in senso sperimentale ovunque e dovunque.

Fino al prossimo legittimo dubbio ovviamente.

Alla fine della conferenza è stato chiesto al Prof. Dorato, se fosse un credente.
La sua è stata, a mio giudizio, un'ottima risposta:"Se si parla delle regolarità naturali, in quello che era Dio per Spinoza, io credo".

2 commenti:

Annarita ha detto...

Bellissimo post, Rez! Non facile, ma intrigante...
Peccato che capita in un periodo per me di super lavoro altrimenti mi piacerebbe soffermarmi a discutere diversi punti del contenuto.
Leggere i tuoi post è come prendere una boccata di aria pura. Lo segnalo sul mio blog:)

Rez ha detto...

@annarita, sei sempre troppo gentile. Grazie!