Il Tempo passa ...


12 febbraio 2009

Il bianco e il nero




Sono state dette molte cose.

Sono state dette troppe cose.

Sono state dette troppe cose, con toni e modi privi di compassione.

La compassione, almeno da un punto di vista buddhista, è un sentimento, una pulsione verso il bene altrui, generato dalla consapevolezza dell'intrinseca vacuità di ogni cosa nell'universo.

Tutto è parte di un unico processo indistinto i cui aspetti sono solo riflessi o manifestazioni non scollegate.

La compassione nasce quindi dalla comprensione e la comprensione nasce dalla lotta all'ignoranza.

L'ignoranza è la convinzione dell'esistenza delle cose di per se, senza alcun collegamento con il resto.

Questo genera il dolore e la catena di sofferenza che riguarda tutto ciò che vive, almeno fino a quando non la si comprende fino in fondo.

Troppo spesso nella storia dell'umanità, in nome di verità assolute e di assunti per i quali solo l'aderenza a un determinato pensiero sia foriera di una qualche salvezza, si sono compiute azioni che definire malvagie è poco.

Troppo spesso mantenendo separati i ruoli (io credente, dio salvatore) attraverso una qualsiasi forma di commistione, regola o dogma, in realtà si è andati verso la deresponsabilizzazione di un *io* convinto di essere nel giusto di fronte a un dio che è giusto per definizione.

Fino a che si rimane nell' ambito dei punti di vista separati, del "questo è giusto", - "questo è sbagliato", - si avranno posizioni assolutiste che avranno da contro altare posizioni relativiste.

Questo è il mondo del bianco e del nero;
un mondo senza colori o toni di grigi.


E' il mondo delle fazioni per sempre contrapposte per l'ignoranza di chi ha ragione.

E' il mondo del partito della vita contrapposto al partito della morte.

Nell'ambito politico e sociale si deve rimanere in questo ambito?

Dicono di si.

Allora è nel relativismo che si ha una strada per combattere l'ignoranza, intesa come descritta in precedenza.

Meglio una quantità enorme di sani dubbi da affrontare e risolvere uno ad uno nel proprio cammino, che solo una unica saldissima certezza di essere nel giusto.

Perché essere la maggioranza in un qualsiasi contesto non significa potere scegliere il destino di ogni persona "a priori", per quanto riguarda i temi della libertà personale, delle convinzioni religiose e delle relative conseguenze sul piano del vivere la vita.

Soprattutto quando certi temi sono dipendenti dal proprio credo personale.

Non è una contraddizione.

Questa è una visione umana, diretta e compassionevole della vita.

Invece, in maniera totalmente trasversale, con una violenza ideologica formidabile collegata alla propria visione religiosa, politici della cosiddetta destra e di una finta sinistra cercano e cercheranno di imporre la loro unica e giusta verità.

Un esempio lo si può vedere in questi video della puntata de L'infedele, trasmissione di approfondimento de La 7, condotta da Gad Lerner, andata in onda circa quaranta minuti dopo la morte di cui tanto si è parlato.

Questo sono video da guardare per capire come questa gente creda fermamente di essere nel giusto e di fare la cosa giusta, perché la loro fede e il loro unico dio è con loro.

Buono e giusto per tutti, al di là di ogni altra opinione, credo religioso o modo di sentire la vita del momento.

Indipendentemente dal fatto che fra quei tutti ci siano credenti in altre fedi, atei o gente che semplicemente chiede compassione e rispetto per la propria sofferenza.

Perché se tutto in realtà è collegato, anche agire per aumentare la sofferenza altrui in nome di principi irrefutabili e dogmi della fede è fonte indicibile di dolore, in diretta applicazione di una forma di violenza certamente sottile e sicuramente brutale.

Chiamare fede in dio questa violenza, questo portare avanti e fare permanere sofferenza e dolore in altri, per la propria incapacità di comprendere, credo sia una aberrazione.

Forse una persona è morta di fame e di sete.

Forse una persona è morta perché è stato sospeso un trattamento terapeutico inutile, secondo la sentenza di un Tribunale che non aveva altri strumenti per rispondere alla richiesta di terminare inutili sofferenze secondo la volontà della persona stessa e della sua famiglia.

Erano diciassette anni che questa persona non aveva alcuno strumento per alimentarsi in maniera autonoma.
Cento anni fa sarebbe morta poco dopo il suo tragico incidente.


E a causa di posizioni teocratiche trasversali da parte di politici fedeli alle volontà di un Capo di Stato di un paese estero, non è mai stata approvata una legge decente sul testamento biologico.

Alcune persone hanno detto: "Dio li perdoni".

Alcuni hanno scritto: "E' stata uccisa".

Come se le continue ingerenze nella vita sociale e politica da parte di esponenti di una religione, facenti capo a un altro Stato, non fossero la principale causa dell'arretratezza culturale e giuridica del Bel Paese.

Non sono forse le posizioni derivanti da questo modo di vivere e applicare la fede da parte di una classe politica prona al dogma, che hanno impedito di avere e applicare una legge realmente "umana" anni fa?

Non è forse questo il caso appropriato per dire: "Da che pulpito viene la predica!".

Esiste la forte possibilità che, sull' onda dell' emozione, sia approvata una legge di stampo oscurantista medievale, come già fu per la Legge 40.

Forse, in caso di espressione della propria volontà di non soffrire, avvenuta solo oralmente, anche in presenza di più testimoni, basterà il fatto di essere stati battezzati ancora in fasce, a condannarci in caso di incidenti o gravi malattie,

a una esistenza da diversamente viventi?

Qualcuno potrebbe obbiettare che un modo di risolvere un tale problema esiste, qualora si ponesse in questi termini.

Cosa accadrebbe se per esprimere in maniera irrefutabile la propria volontà si fosse costretti a complicate pratiche burocratiche e ad un alto dispendio di denaro?

Quanti, in questo caso, si curerebbero delle proprie volontà in caso di un non augurabile triste destino, a fronte di un certo, dispendioso e sicuro presente?

Anche solo per scaramanzia.

Rischiamo di avere una legge farraginosa e inapplicata oppure un "mostro" che ci porterà indietro nel tempo di centinaia di anni sul piano dei diritti civili.

Non ho niente contro chi ha la fede.

Ma non credo che nessuno possa imporre i propri dogmi religiosi o politici agli altri.

Sono per la vita. E non desidero la morte forzata di qualsiasi essere umano. Non voglio allo stesso modo, fare violenza contro la volontà chiaramente espressa di altri umani, aumentandone o prolungandone la sofferenza.

Credo che questa sia una posizione necessaria dettata dalla responsabilità personale.

Ma se la legge anche in presenza di una volontà chiaramente espressa, imponesse alcuni trattamenti in maniera obbligatoria comunque?


E' il rischio che si corre ora.

Tutti.

Indipendentemente dal credo religioso.

Perché per troppi "essere nel giusto", abdicando alla propria responsabilità personale nella speranza della vita eterna, spandendo su tutti la cappa del dogma, risulta essere più importante del vivere umanamente la vita.


Per questo, sempre ed in ogni caso, ritengo che sia doveroso avere compassione.

Così è se vi pare.



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