Il Tempo passa ...


19 ottobre 2007

Il razzismo nel DNA

James Dewey Watson, uno degli scopritori ufficiali del DNA assieme a Francis Crick e Rosalind Franklin, ieri ha parlato. Come fece altre volte in passato.

Parole che hanno fatto discutere, e che faranno discutere.

Il mondo non cambierà mai. Il determinismo biologico è un affascinante trappola per guardare e filtrare la realtà.

Partiamo dal presupposto che a parlare è un Premio Nobel, mica un blogger da quattro soldi come me.

Un uomo al quale per meriti, in questo caso scientifici, viene dato un riconoscimento internazionale per l'importanza e il *valore aggiunto* del suo lavoro nei confronti dell'umanità.

Che senso ha proporre l'aborto alle donne ai quali un test sul dna comunichi il rischio della possibile omosessualità del figlio?
Avere un comportamento sessuale non eterosessuale è una malattia tale da richiedere un pre trattamento eugenetico sulla base di teorie *molto* discusse?
Ma soprattutto l'omosessualità è una malattia?

Cosa importa, ammesso sia vero, che le persone di colore abbiano una libido geneticamente superiore a quelle bianche?
Non ci voleva un genetista Nobel per confermare le virtù degli uomini di colore. Gli anni della battute alle scuole superiori avevano già confermato questa teoria. O forse no.
Ed in ogni caso un affermazione del genere ha più della visione di una morale bigotta che, probabilmente nasconde una genuina invidia, piuttosto di qualcosa legato alla ricerca scientifica.

Le differenze fra il patrimonio genetico dei vari gruppi umani nel mondo sono talmente minime da avere reso obsoleto il concetto di razza.
A maggior ragione quello di una razza *migliore*.

Al di la di tutto, anche se si arrivasse a scoprire il gene che determina la lunghezza del pisello o il numero di interazioni fra i neuroni nel cervello, cosa cambierebbe per noi uomini e donne in questo mondo?

La presunzione di provenire da una cultura intrinsecamente migliore, la certezza di avere una qualche forma di verità dogmaticamente superiore a quella degli altri, ecco cosa credo siano le cose di cui preoccuparsi.

Basti considerare le derive di pensiero protestante dalle quale ci giungono gli W.AS.P, gente spesso con posizioni simili a quelle del nostro Nobel, in ambito sociale.

Solo che sostengono a forza il creazionismo.

Come si suol dire, così è se vi pare.

Per quel poco che ho letto, la comprensione del cervello, dell'intelligenza e di quello che ci rende umani va al di là della mera comprensione meccanica di cosa fa una parte del cervello rispetto ad un altra.
Sappiamo che il cervello *cresce* nel senso che il numero di collegamenti fra i neuroni aumenta in funzione dell'attività mentale svolta.
Insomma l'intelligenza e l'anima sono qualcosa che è molto di più della somma dei pezzi di carne che compongono il cervello.
Ma dipendono da esso.
E sicuramente una qualche forma di implicazione genetica rende un individuo più intelligente o più sensibile di un altro.
Indipendentemente dal colore della pelle però.

Quindi un *bianco* potenzialmente molto intelligente, posto di fronte a stimoli inadeguati in un ambito di sopravvivenza *duro* non è detto che manifesti tutte le sue potenzialità.
Ed ovviamente un *nero* meno dotato ma che sia adeguatamente stimolato e supportato nella sua vita potrà arrivare anche oltre il limite genetico.

Perché il senso stesso di limite genetico è la principale assurdità insita nel determinismo biologico.

Ripetete il ragionamento con ogni colore che vi viene in mente. Le cose non cambiano.

Siamo tutti *umani*.

Quello che sappiamo sul cervello è che può anche invecchiare. E che la capacità di apprendere e la creatività vengono a scemare con il tempo.
A meno di non sapersi rinnovare adattandosi a pensare sempre al qui ed ora.

Certe cose Watson le sostiene da anni e anni, rincarando la dose ogni volta.

Ma a 79 anni un uomo, anche se Premio Nobel, potrebbe continuare a sparare *belinate* sempre più grosse, scusate lo zeinezismo.

Non credo sia il caso di dargli credito maggiore di quello che ha avuto.

Preoccupiamoci del nostro modo di pensare. Di come ci rapportiamo ad altri modi di pensare. E di quali risposte otteniamo.

Anche se non credo le cose cambieranno.

Buon tutto.

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1 commenti:

Anonimo ha detto...

E' un premio nobel deficiente