Il Tempo passa ...


12 dicembre 2007

Our Stories



Mi ricordo che quando ero piccolo mio padre mi raccontava della sua infanzia.

Siamo a Fiume quando ancora quei luoghi erano Italia, nella prima metà degli anni '30.
Un vecchio molto ma molto anziano, probabilmente con novanta anni sulle gambe, racconta, fumando lentamente la pipa, le storie del suo passato ai bambini.

Fa freddo e ci si scalda vicino al fuoco, in un periodo dove le fiction non c'erano, i dvd e le tv on demand erano ben al di là di essere pensate.

Storie di paura, storie di vita, dove il mito si mescolava alla realtà con lo scopo di farsi compagnia e trasmettere *qualcosa* alle nuove generazioni.

Storie perdute come quelle che raccontava mia nonna paterna. Perdute come la ricetta della birra scura, delle rape cotte con i fagioli e delle palacinke.

Per questo quando ho trovato il sito di Our Stories, mi è venuto in mente di parlarne e di cercare di fare conoscere l'iniziativa.

In pratica si tratta di raccogliere le nostre storie in formato audio e mantenerle nella lingua originale per i posteri.

Senza bisogno per forza di immagini. Senza la necessità di traduzioni, al fine di mantenere il valore della differenza e della propria cultura, in un mondo con spinte sempre più uniformanti.

Un modo di usare Internet per difendere la tradizione orale di tutti i popoli del mondo dalla globalizzazione e dalla relativa omogeneizzazione culturale.

Sarà l'avvicinarsi delle feste e il senso di perdita e la malinconia che ne derivano...

Ognuno di noi ha delle storie.

A 11 anni mio padre amava il mare. Voleva costruirsi una barca.

Così passò mesi a raccogliere pezzi di legno e a lavorarli per costruire la barca che aveva progettato.

E infine fu pronta! Larga un metro e mezzo e lunga quasi tre.

Era perfetta.

Purtroppo nell'ingenuità di ragazzino non aveva calcolato solo una cosa.

Aveva realizzato la barca in soffitta.

E ora dopo tanti mesi di lavoro, quella barca non sarebbe mai passata per la botola e le scale ...

Mio padre rimase per parecchio tempo a darsi dello stupido seduto sulla finestra della soffitta guardando il mare ...

Così è se vi pare.

1 commenti:

Anonimo ha detto...

Il mio ricordo va invece al mio cane di nome Sauer derivazione di tipo alcolica da un ben noto cocktail a base di bourbon "e fu così che l'animale si adeguò" nel senso che era schizzato come pochi...esempio.....siamo in estate, in alta montagna, sulle rive di un lago giornata ideale per una passeggiata e perchè no per un pic-nic in riva al lago; gli intrepidi fotografi sono in attesa del momento catartico ovvero quando la corrente delle acque viene meno per poter immortalare nel loro obiettivo il riflettersi nitido della montagna sovrastante nel cristallino del lago quando a un certo punto nel passaggio lungo il ponticello che porta all'altra sponda inavvertitamente tirai un sassolino nelle acque gelide del laghetto.....e non mi vedo quell'alcolizzato del mio cane che si butta a prenderlo causando onde d'urto che urtarono non poco i fotografi..ma non finisce mica qui dopo essere riemerso molto orgoglioso della sua impresa gli balenò nella testa questo pensiero "minchia che fredda quest'acqua e fu cosi che all'improvviso si bloccò quasi come una cane da caccia mi guardò perplesso e incominciò a correre da pazzo intorno al lago distruggendo al passaggio tovaglie imbandite bamibini ignari e quant'altro gli si presentasse davanti....mi dissi devo intervenire al primo giro del lago era nettamnete in vantaggio allora decisi di aspettarlo al varco al secondo giro ma fu inutile sfuggì alla presa al terzo girò ormai esausto riuscii a placcarlo e con un colpo di karatè a metterlo a sedere...non vi sto qui a narrar altro se non che la sera stessa se ne andò in un pub per sole cagnette in compagnia di un suo vecchio amico S. Bernardo che manco a dirlo aveva appena fatto il pieno della botte di ottimo genepy locale.
Con Effetto (alcolico) il vs. Ciccio