Il Tempo passa ...


30 settembre 2010

Morire,dormire... forse sognare. Ecco il difficile.






Oggi ho visto Inception.

Credo che entro sei mesi nelle pubblicità in TV avrete modo di vedere spunti presi da questo film.

Un déjà vu.

Un déjà vu assolutamente innovativo e originale. Non è questione di ossimori.

Al di là dell'effetto "action", della illegalità intrinseca a scopo personale, a uso e consumo una linea di trama superficiale, "sotto" ci sono riflessioni pesanti.

Almeno a mio modo di vedere.

Le parole chiave sono percezione e identità.

Percezione perché in maniera straordinaria questo film rende bene il senso della mente come organo di senso in stile buddhista, e applica la lezione mancata del "senso di realtà" inteso come livello di consapevolezza mai "certo".

Identità perché quanto noi, in quanto "io", siamo dipendenti dalla percezione, dall'immagine di noi stessi e dalla memoria.

L'esperienzialita del reale cosa è, in ambito subconscio?

Siamo in grado di capire ed essere presenti a noi stessi, nella nostra "esistenza"?

Cosa è l'esistenza per una mente in grado di creare il suo ambiente, il suo stato, i suoi ricordi; il senso stesso di una esistenza possibile solo grazie al senso di colpa di un "peccato originale" che è la violazione della mente stessa nella sua parte creativa, immaginativa e non di mera "manutenzione" del piano cosciente?

Inception parla di questo, della capacità stessa della mente di creare, della sua perfezione assoluta e della sua assoluta imperfezione nel prevedere e prevenire qualsiasi inferenza con gli "N" stati della realtà che si manifestano solo come reazioni della mente stessa a condizioni "altre".

Realtà, coscienza, identità.

Parole connesse in maniere più profondamente "laterali" di quanto in media si pensi.

Forse alla fine tutti abbiamo bisogno di un "totem", al quale aggrapparci come si fa con un pezzo di legno dopo il naufragio delle nostre convinzioni, della grande disperazione di un livello di coscienza alterato da quanto è assolutamente "reale" e indimostrabile.

Alla fine vogliamo tornare solo a casa.

Ma dove?

Inevitabilmente ritorna in mente il sogno di Chuang Tzu:

"Once Chuang Chou dreamt he was a butterfly, a butterfly flitting and fluttering around, happy with himself and doing as he pleased.

He didn't know he was Chuang Chou. Suddenly he woke up and there he was, solid and unmistakable Chuang Chou.

But he didn't know if he was Chuang Chou who had dreamt he was a butterfly, or a butterfly dreaming he was Chuang Chou.

Between Chuang Chou and a butterfly there must be some distinction!

This is called the Transformation of Things."

Traduzione di Burton Watson del brano relativo al sogno.


Così è se vi pare.

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